Come calcolare l’adeguamento ISTAT per gli affitti?
L’adeguamento Istat del canone di locazione richiede l’applicazione di alcune regole fondamentali:
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L’adeguamento può essere del 75% o del 100% della variazione dei prezzi al consumo. Nei contratti di locazione per abitazioni, di solito con una durata di 4 anni più 4 di rinnovo, il rialzo non supera il 100%, mentre per i locali commerciali come uffici e negozi, che prevedono contratti di 6 anni più 6 di rinnovo, si può applicare una rivalutazione fino al 75%.
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L’adeguamento si basa sull’indice Istat di inflazione.
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La rivalutazione del canone deve avvenire nel mese successivo alla scadenza annuale. Ogni anno, una volta identificato il tasso applicabile, si applica la variazione del mese di riferimento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
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Una volta determinata la variazione, si applica il 75% o il 100% di essa come rivalutazione del canone dell’anno precedente.
Un canone di locazione può essere rivisto secondo diverse modalità, in base a quanto stabilito nel contratto e dalla normativa vigente. Solitamente, alla scadenza annuale, se il contratto prevede una clausola di revisione del canone, le parti possono concordare una nuova cifra basata sugli indici ISTAT o su altri criteri specificati nel contratto.
Il canone potrebbe essere rivisto anche nel caso in cui siano stati apportati miglioramenti all’immobile che ne abbiano aumentato il valore; tuttavia, ciò deve avvenire nel rispetto di precise disposizioni contrattuali.
Alcuni contratti di affitto prevedono l’indicizzazione automatica, che si traduce in un adeguamento Istat. Questa condizione deve essere inclusa come clausola interna (clausola di indicizzazione) nel contratto.
In assenza di clausole specifiche che prevedano la revisione del canone di locazione, le parti devono attenersi a quanto concordato al momento della stipula del contratto.
È importante sottolineare che qualsiasi aumento del canone in base all’aggiornamento Istat deve essere concordato tra le parti e deve essere chiaramente indicato nel contratto.
L’adeguamento Istat mira a proporzionare l’importo dell’affitto all’andamento dell’economia e al costo della vita. Viene calcolato annualmente e gli affitti sono soggetti a rivalutazione e adeguamento all’inflazione dei 12 mesi precedenti.
L’indice Istat, pertanto, influenza l’affitto concordato tra inquilino e proprietario.
Come si calcola l’adeguamento Istat del canone di affitto
Il metodo di calcolo dell’adeguamento Istat può variare a seconda delle condizioni stabilite nel contratto:
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Chi utilizza l’indice FOI medio annuale dell’anno precedente, utilizza i dati di fine anno per calcolare la media da applicare.
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Chi rivaluta il contratto per la prima volta, deve calcolare l’adeguamento utilizzando l’indice più recente disponibile, moltiplicandolo per il canone indicato nel contratto (a partire dal mese successivo alla scadenza contrattuale). Negli anni successivi, si applica l’indice del mese di riferimento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
In generale, il canone di locazione si rivaluta applicando aliquote diverse a seconda che si tratti di un contratto di locazione ad uso abitativo o commerciale, come stabilito dalla legge 392/78 (articolo 32):
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Fino al 100% dell’incremento dell’indice FOI per i contratti ad uso abitativo.
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Fino al 75% dell’incremento dell’indice FOI per i contratti ad uso commerciale.
La cedolare secca è un regime fiscale opzionale che semplifica la tassazione delle locazioni abitative. Quando si applica la cedolare secca, il proprietario dichiara un reddito forfettario al fisco e il conduttore non è tenuto a versare l’imposta sul reddito relativa alla locazione.
In generale, quando si sceglie il regime della cedolare secca, il canone di locazione è fisso e non soggetto a variazioni durante il periodo di validità del contratto. Questo significa che non è prevista la possibilità di revisionare il canone durante il periodo contrattuale, né in relazione all’indice ISTAT né per altri motivi. Quindi, il regime della cedolare secca esclude automaticamente l’adeguamento dei canoni di affitto.
Adeguamento Istat: a quali contratti si applica
La rivalutazione dell’affitto è obbligatoria solo se è espressamente prevista da una clausola nel contratto di locazione. L’inquilino non deve pagare alcun adeguamento se il locatore non richiede esplicitamente, per iscritto, l’aumento in base alla rivalutazione. Questo aumento deve essere richiesto in modo chiaro e scritto.
In queste circostanze, l’adeguamento del canone all’indice Istat deve essere effettuato annualmente; in caso contrario, il proprietario dell’immobile non può avanzare alcuna richiesta nei confronti dell’inquilino.
Ecco alcune informazioni chiave riguardo ai contratti di locazione soggetti all’adeguamento ISTAT:
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Contratti a Canone Libero: Questo meccanismo è più comune nei contratti a canone libero, cioè quando il canone di locazione non è fissato da normative regionali o locali. Nei contratti a canone concordato, invece, il canone è spesso già definito in base a accordi specifici e l’adeguamento ISTAT può essere escluso o limitato.
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Clausola Contrattuale: L’adeguamento ISTAT avviene in base a una clausola presente nel contratto di locazione.
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Frequenza dell’Aggiornamento: La frequenza dell’aggiornamento varia a seconda di quanto stabilito nel contratto, ma è spesso annuale. Il calcolo dell’adeguamento si basa sull’andamento dell’indice ISTAT negli ultimi dodici mesi.
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